E’ da considerarsi nullo/illegittimo l’avviso di addebito Inps emesso sulla base di un avviso di accertamento tributario impugnato dinanzi gli Organi della Giustizia Tributaria.
Prima di commentare le diverse pronunce giurisprudenziali sul punto, esaminiamo, pur brevemente, la normativa di riferimento.
Con l’introduzione nell’ordinamento dei c.d. “accertamenti unificati” ad opera dei d.lgs. n. 241 e n. 462 del 1997, è stato disposto che l’Agenzia delle Entrate, dopo aver emanato il proprio avviso di accertamento, debba trasmettere le informazioni raccolte all’INPS, il quale procede, conseguentemente, sulla base dei dati cosi ricevuti dall’Agenzia delle Entrate, al recupero di tali crediti.
In tema di iscrizione a ruolo dei crediti degli enti previdenziali, l’art. 24 del d.lgs. 46/99 nel suo comma 3 prevede che: “Se l’accertamento effettuato dall’ufficio e’ impugnato davanti all’ autorita’ giudiziaria, l’iscrizione a ruolo e’ eseguita in presenza di provvedimento esecutivo del giudice”. Ed ancora: per quanto concerne l’iscrivibilità a ruolo dei crediti di natura previdenziale, il comma 4 statuisce: “In caso di gravame amministrativo contro l’accertamento effettuato dall’ufficio, l’iscrizione a ruolo e’ eseguita dopo la decisione del competente organo amministrativo e comunque entro i termini di decadenza previsti dall’articolo 25”.
Il problema interpretativo che si è posto riguarda la portata applicativa dell’art. 24 del D.lgs. n. 46/1999; ovvero: l’accertamento su cui la pretesa creditoria si fonda è solo quello emesso dall’ente previdenziale (ed impugnato) oppure rientra nell’applicazione, altresì, l’attto emesso dall’Agenzia delle entrate (ed impugnato in Commissione Tributaria)?
Sul punto, si è espressa la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 8379 del 2014, che ha pronunciato il seguente principio generale di diritto: “(…) in materia d’iscrizioni a ruolo dei crediti degli enti previdenziali il D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, comma 3, il quale prevede la non iscrivibilità a ruolo del credito previdenziale sino a quando non vi sia un provvedimento esecutivo del giudice qualora l’accertamento su cui la pretesa creditoria si fonda sia impugnato davanti all’autorità giudiziaria, va interpretato nel senso che l’accertamento, cui la norma si riferisce, non è solo quello eseguito dall’ente previdenziale, ma anche quello operato da altro ufficio pubblico come l’Agenzia delle entrate, né è necessario, ai fini di detta non iscrivibilità a ruolo, che, in quest’ultima ipotesi, l’INPS sia messo a conoscenza dell’impugnazione dell’accertamento davanti all’autorità giudiziaria anche quando detto accertamento è impugnato davanti al Giudice tributario”.
Da tale sentenza pertanto si desume che, laddove l’avviso di accertamento sia impugnato davanti alla competente Commissione Tributaria, è preclusa all’INPS la possibilità di riscuotere il proprio credito contributivo, sino a quando non vi sia un provvedimento esecutivo del giudice! Inoltre, secondo la Cassazione, non è neppure necessario che l’INPS sia messo a conoscenza di tale impugnazione innanzi la Commissione Tributaria adita.
I principi affermati dalla sentenza n. 8379/2014 sono stati successivamente ripresi da altre pronunce, sia di legittimità che di merito.
Nella giurisprudenza della Cassazione si può citare la sentenza n. 4032/2016, la quale affronta un caso del tutto analogo a quello della sentenza n. 8379/2014 e ne ribadisce i principi, confermando la sentenza di appello, nella parte in cui ha escluso la correttezza dell’avvenuta iscrizione a ruolo, in quanto conforme ai principi affermati dalla Suprema Corte.
Nella giurisprudenza di merito, particolarmente interessanti sono le recenti pronunce del Tribunale di Parma- Sez. Lavoro n. 144/2016 e del Tribunale di Udine- Sez. Lavoro n. 285/2016, le quali confermano quanto fino ad ora detto, ribadendo che, una volta provato che l’avviso di addebito veniva formato quando già era stato impugnato l’avviso di accertamento innanzi alla Commissione Tributaria competente, a venire meno sarebbe la stessa esistenza del diritto dell’Inps a procedere in via esecutiva.
Anche il Tribunale di Lecce, Giudice: dott. Notarangelo, con sentenza n. 3571/2017 pubbl. il 12/10/2017 ha ripreso il principio di diritto formulato dalla Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 8379 del 2014 ed, in caso analogo, ha proceduto ad annullare l’avviso di addebito emesso dall’INPS e a condannare l’Ente alle conseguenti spese di giudizio.
Ancora sul punto sempre il Tribunale di Lecce, Giudice: dott. Carbone, con la recentissima sentenza n. 196/2018 pubbl. il 23/01/2018 ha annullato l’avviso di addebito emesso dall’INPS in quanto parte ricorrente aveva prodotto in giudizio provvedimento di annullamento in autotutela dell’avviso di accertamento alla base del predetto avviso di addebito.
Le pronunce di merito richiamate appaiono meritevoli di attenzione perché confermano l’orientamento della giurisprudenza di legittimità, introdotto dalla sentenza della Cassazione n 8379/2014, ribadendone i principi di diritto ivi affermati.
La questione di fondo, che queste sentenze affrontano, seppur de relato, è il rapporto tra l’avviso di addebito e l’avviso di accertamento fiscale e, di conseguenza, il rapporto tra il processo tributario e quello del lavoro.
La soluzione adottata nelle pronunce richiamate consente, quindi, di evitare il rischio di conflitti tra giudicati, precludendo all’INPS, la possibilità di emettere l’avviso di addebito prima della definizione della controversia tributaria.
Avv. Dario Marsella